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Giovedì 11 ottobre, i soci ed amici del Cenacolo Bolognese di Cultura e Società hanno avuto il privilegio di ascoltare il Professore Massimo Pulini che ha esposto, per la prima volta in pubblico, i risultati di 25 anni di ricerche su Ginevra Cantofoli, una protagonista dimenticata della Bologna del Seicento. A questa pittrice misteriosamente caduta nell’oblio ma che nei secoli scorsi deve avere goduto di vasta fama si deve il notissimo ritratto di Beatrice Cenci (Palazzo Barberini) precedentemente attribuito a Guido Reni..
Dai racconti di Pulini, storico dell’arte, grande esperto dell’arte emiliana del seicento e titolare della cattedra di pittura presso l’accademia di belle Arti a Bologna, emerge la passione che lo coglie man mano che le scoperte delle associazioni per somiglianze compositive, espressive, delle affinità stilistiche, dai chiaroscuri alle linee del drappeggio, si succedono. Ed infine la straordinaria esperienza dell’attribuzione alla Cantofoli, a partire dall’esile traccia di un unico dipinto dell’autrice “Allegoria della Pittura”, conservato presso la Pinacoteca di Brera, di una trentina di opere di notevole qualità tra cui “Ritratto di donna con turbante”, “Ultima cena”, presso la Chiesa di S. Procolo a Bologna ed infine “S.Tommaso di Villanova”, la cui tela arrotolata e abbandonata presso la chiesa di S. Giacomo è riportata all’antico splendore e ad attribuzione grazie anche al ritrovamento di un’ampia documentazione.
Pulini ha ben descritto il fervido ambiente culturale del seicento quando Bologna era la capitale dell’arte con le scuole di Guido Reni, del Guercino e di Elisabetta Sirani, già figura di spicco in quella Bologna assai importante dal punto di vista pittorico e che, tra i primi ritratti annovera proprio quello della Cantofoli al lavoro come pittrice.
Ginevra Cantofoli, nata a Bologna nel 1918, era una delle innumerevoli donne che sentivano forte dentro di sé il richiamo per l’arte iniziand molto probabilmente, proprio nella bottega del padre di Elisabetta Sirani. In questo ambiente chiuso e protetto, l’artista riesce a liberare la sua creatività dipingendo figure femminili caratterizzate, secondo Pulini, da una sorta di riservatezza, mestizia, quasi ritrosia. La stessa Elisabetta Sirani in seguito, più giovane di lei di almeno 20 anni ma già sufficientemente famosa e importante, spinge la Cantofoli ad occuparsi di opere di più grandi dimensioni come le 6 pale d’altare che l’artista è chiamata a realizzare per le chiese di Bologna.

 


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